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Divaricazioni all’interno dell’UE: il percorso verso il 2040 tra ambizioni e ostacoli climatici

Divaricazioni all’interno dell’UE: il percorso verso il 2040 tra ambizioni e ostacoli climatici
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L’Unione Europea si prepara a definire il nuovo obiettivo climatico per il 2040, ma tra ambizioni elevate e timori economici, le divisioni tra gli Stati membri rischiano di compromettere l’unità in vista della COP30.

Divaricazioni all’interno dell’UE: il percorso verso il 2040 tra ambizioni e ostacoli climatici

In un contesto di crescenti pressioni climatiche e aspettative globali in vista della COP30, gli stati membri dell’Unione Europea si trovano a contrastare una sfida cruciale: definire un obiettivo comune per il clima entro il 2040. Tuttavia, le divergenze sugli approcci da adottare si fanno sempre più evidenti, proprio mentre la riunione straordinaria dei Ministri dell’Ambiente, prevista per il 4 novembre, si avvicina rapidamente.

Il conta alla rovescia e il rischio di un passo falso

Con la data del 4 novembre segnata in rosso sulle agende diplomatiche, i Ministri europei affrontano la pressione di approvare un obiettivo climatico condiviso, in modo da rappresentare un fronte unito alla COP30 in Brasile. Ciononostante, le fonti diplomatiche segnalano un profondo ritardo nei negoziati, alimentando timori di un fallimento già percepito nel recente summit del 23 ottobre del Consiglio europeo, conclusosi senza una decisione concreta. Le ambiziose proposte della Commissione puntano alla riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040, prendendo il 1990 come anno di riferimento. Tuttavia, le preoccupazioni proliferano, specialmente da parte dei paesi che temono per la competitività delle proprie industrie.

I nodi centrali e le divisioni interne

Il recente incontro tra gli ambasciatori a Bruxelles, datato 31 ottobre, aveva l’intento di creare un terreno comune per un accordo. Eppure, pare che le questioni salienti non siano state del tutto superate, lasciando la responsabilità nelle mani dell’imminente vertice ministeriale. Per confermare l’obiettivo, è indispensabile il consenso di almeno 15 paesi membri su 27. Le diverse posizioni in campo vedono l’Italia e la Polonia critiche, ritenendo che il 90% sia eccessivo, mentre Spagna e Svezia spingono per un taglio più netto delle emissioni. Una bozza di accordo prevede una revisione biennale dell’obiettivo, tenendo conto di “prove scientifiche e cambiamenti nel contesto competitivo internazionale”, ma questa flessibilità è vista da alcuni come un modo per diluire degli impegni che dovrebbero essere saldi.

Accordi sui crediti di carbonio: un equilibrio complesso

Un altro tema che divide gli stati riguarda l’impiego di crediti di carbonio esterni in Paesi a basso reddito per compensare le emissioni interne all’UE. La Francia sostiene l’utilizzo fino al 5% dei crediti per raggiungere l’obiettivo del 90% di riduzione, mentre la Polonia preme per il 10%. La Germania concorda su una quota del 3%, e al contrario, la Danimarca si oppone all’uso di questi crediti. La proposta della Commissione, che prefigura un utilizzo del 3% dal 2036, trova ancora resistenze, lasciando aperte le trattative. Tra paesi che spingono per un più ampio sfruttamento e quelli che vi si oppongono, l’UE continua a cercare un equilibrio che possa essere accettato da tutti i membri, mantenendo al contempo onorevole la propria posizione nella lotta globale al cambiamento climatico.

Fonte: www.rinnovabili.it